L’acciarino magico
C’era una volta, un soldato che tornava dalla guerra. Uno, due! Uno, due! Uno, due! Il soldato camminava marciando su una grande strada in mezzo alla campagna. Uno, due! Uno, due! Uno, due! Aveva una bella giacca rossa, dei grandi stivali, la spada al fianco e un grosso sacco sulle spalle. Uno, due! Uno, due! Uno, due! Faceva caldo e il soldato era molto stanco: la sua giacca era piena di polvere e i suoi stivali pieni di buchi. Uno, due. Uno, due. Uno, due.
Vicino alla strada c’era un grande albero, con una bella chioma. “Mi fermerò un po’ a riposare” , pensò il soldato. Si avvicinò all’albero, ma non fece in tempo a sedersi che PUFF!
Dall’albero, uscì una grande nuvola di fumo grigio e in mezzo al fumo comparve una strega.
Una strega vecchissima, con i capelli grigi e arruffati, la bocca larga e un grandissimo naso:
“Salve, soldato!”
“Salve a voi, signora strega…”
“Che bella giacca rossa che hai soldato, e che begli stivali.”
“Grazie, signora strega…”
“Ma la tua giacca è tutta piena di polvere e i tuoi stivali sono pieni di buchi. Devi essere molto stanco e molto povero!”
“Hai ragione, vecchia strega – ammise il soldato – ho combattuto tanto, mi hanno pagato poco e questo sacco e questa spada sono tutto quello che mi rimane.”
“È il tuo giorno fortunato! – sorrise la strega – Io posso renderti molto ricco. Devi soltanto fare… una cosa per me.”
“Che genere di cosa?” chiese il soldato.
“Vedi questo buco vicino all’albero?”
La strega indicò un gran buco che si apriva proprio ai piedi dell’albero.
“Ho lasciato una cosa laggiù in questo buco: un acciarino!
Io voglio che tu ti cali nel buco. Ti legherò con una corda e tu ti calerai giù. Quando sarai in fondo, ti troverai in un corridoio con tre porte: una di rame, una d’argento e una d’oro. Ogni porta conduce a una stanza, in ogni stanza c’è una cane seduto su una cassa piena di denaro. Tu non aver paura: prendi il cane, mettilo sul grembiule che adesso ti darò e prendi tutto il denaro che vuoi. Quello che prenderai sarà la tua ricompensa. In cambio, voglio solo che mi riporti l’acciarino che ho lasciato laggiù. Affare fatto?”
Il soldato ci pensò un po’ su: quei soldi gli avrebbero fatto molto comodo.
“E va bene vecchia strega. Farò come dici.”
“Molto bene!”
La strega prese una grande corda, legò il soldato, gli mise in mano un grembiule e PUF! Lo spinse giù, nel buco vicino all’albero.
Il soldato si ritrovò in fondo. Si rialzò, si guardò attorno…
Era in un corridoio lungo e stretto, su cui si aprivano tre porte: una di rame, una d’argento, e una d’oro.
Il soldato spinse la prima porta… e si ritrovò in una grande stanza. In mezzo alla stanza, c’era un grosso cane, con gli occhi grandi come due tazze! E stava seduto su una grande cassa. Il soldato si avvicinò al cane… lo prese in braccio, lo mise sul grembiule della strega… il cane subito si addormentò. Allora il soldato aprì la cassa. Era piena di monete di rame!! Il soldato si riempì le tasche con le monete! Richiuse la cassa, rimise il cane al suo posto e tornò nel corridoio. Spinse la porta d’argento… Mamma mia! In mezzo alla stanza, c’era un cane con gli occhi grandi come le ruote di un mulino! Il soldato si avvicinò al cane…. lo prese, lo mise sul grembiule della strega… il cane subito si addormentò. Allora il soldato aprì la cassa. Era piena di monete d’argento!! Il soldato si svuotò le tasche dalle monete di rame e le riempì di monete d’argento! Riempì anche il sacco di monete d’argento! Poi richiuse la cassa, rimise il cane al suo posto e tornò nel corridoio. Spinse la porta d’oro… Mamma mia! Fece un balzo indietro!
Nella stanza c’era un cane con gli occhi grandi come due torri!
Il soldato… fece il saluto militare, perché in vita sua non aveva mai visto un cane così! Poi si avvicinò al cane, lo prese, lo mise sul grembiule della strega… il cane subito si addormentò. Allora il soldato aprì la cassa. Mamma mia! La cassa era piena d’oro! Piena di monete d’oro! Era ricco! Ricchisssimo! Il soldato si svuotò le tasche dalle monete d’argento, svuotò il sacco dalle monete d’argento e riempì tutto quello che poteva di monete d’oro! Riempì le tasche, riempì il sacco, riempì gli stivali, riempì il cappello, si riempì anche i calzini di monete d’oro! Poi richiuse la cassa, rimise il cane al suo posto e tornò nel corridoio.
“Tirami su, vecchia strega!” gridò.
“Hai preso l’acciarino??” chiese la strega.
“Mannaggia l’acciarino me l’ero dimenticato…”
Il soldato tornò indietro a cercare l’acciarino. Cerca di qua, cerca di là, cerca di qua, cerca di là… alla fine lo trovò.
Era un piccolo acciarino, con una pietra e un mozzicone di candela, infilato dentro a un sacchettino di velluto rosso.
Il soldato prese il sacchetto, lo mise in tasca e tornò verso il buco.
“Tirami su, vecchia strega!”
“Hai preso l’acciarino?”
“Sì, sì ce l’ho in tasca. Tirami su, adesso.”
La strega tirò su il soldato con la corda.
“Quanto oro che ti sei preso, pesi quanto un bisonte!”
Quando il soldato fu uscito dall’albero, la strega tese la mano.
“Dammi l’acciarino!”
Il soldato mise la mano in tasca, prese l’acciarino per darlo alla strega… ma si fermò.
“Cosa ci devi fare con questo acciarino?”
“Questo… non ti riguarda. È mio, dammelo.”
“Perché vuoi solo questo acciarino quando di sotto ci sono stanze piene d’oro e d’argento? Deve avere qualche potere speciale questo acciarino.”
“Nooo… un comunissimo acciarino… nessun potere speciale…”
“Non ti credo, vecchia strega. Secondo me questo acciarino è magico e se te lo ridò, mi trasformerai in un rospo!”
“Ma che rospi e rospi. Insomma l’acciarino è mio, adesso dammelo.”
“No vecchia strega, non ti do l’acciarino se prima non mi dici a cosa ti serve!”
“Hiii e va bene, tienilo pure se ti piace tanto!”
E PUFF! La strega scomparve!
Il soldato rimase lì impietrito, con l’acciarino in una mano e il sacco pieno d’oro nell’altra.
“Certo che le streghe son proprio strane, eh?” disse tra sé.
Il soldato rimise in tasca l’acciarino, prese tutto l’oro che aveva negli stivali, nel cappello, nel sacco e lo versò tutto nel grembiule che la strega gli aveva lasciato. Ci fece un bel nodo e se lo caricò in spalla. Poi, si avviò verso la città.
“Purché tutto quest’oro non sparisca come ha fatto la strega! – pensava – Potrò comprarmi tutto quello che desidero adesso!”
Era ricco! Ricco come non lo era mai stato. Arrivato in città, andò subito all’albergo migliore e chiese la camera più bella, quella più grande, con la vista più bella, con il letto più comodo. Era ricco! Poi uscì subito a fare spese.
Comprò un bellissimo abito, una spada nuova, dei nuovi stivali, un grande cappello con una lunga piuma… era ricco!
Finalmente poteva vestirsi come un gran signore, e andare in giro in carrozza, e partecipare a cene eleganti e a pranzi lussuosissimi! Il soldato con tutti quei soldi cominciò ad attirare tantissima gente, che voleva conoscerlo, che voleva pranzare con lui, che voleva andare con lui in carrozza, e a teatro, e ai balli! Il soldato si ritrovò ricchissimo, famosissimo e pieno di amici. Tutti gli parlavano delle cose che si potevano fare in città: andare al teatro, ai balli, alle cene… E gli parlarono anche del re e della principessa sua figlia, che era uno splendore! Ma che suo padre teneva rinchiusa in un castello con mura di rame e torri altissime.
“E perché mai la tengono chiusa in quel castello, se è tanto bella come voi dite? Non si potrebbe vederla?”
“Ma mio caro – gli spiegò uno dei suoi amici – Vede, quando la principessa era piccola, a suo padre fu predetto che la principessa si sarebbe sposata con un semplice soldato. Pensi un po’ lei, un soldato!”
“Interessante…” fece il soldato.
Ma non aggiunse altro, per precauzione.
Il tempo intanto passava. Il soldato faceva la bella vita: andava ai balli, andava alle cene, andava a teatro, girava in carrozza… e siccome si ricordava bene di quanto era stato povero prima di incontrare la strega, dava anche molto denaro in beneficienza. E poi c’erano i regali da fare agli amici, che erano sempre intorno a lui a vezzeggiarlo, ad adularlo… ma che bel vestito, ma che bella spada, ma che bello di qui, ma che bello di là, spendi di qui, spendi di là, spendi di qui, spendi di là…
un giorno, il soldato si ritrovò senza un soldo.
Dovette allora lasciare la sua bella camera d’albergo e trasferirsi in una piccola stamberga, in un piccolo appartamento sotto i tetti. A poco a poco, i suoi begli abiti divennero lisi e consumati e i suoi stivali così belli si riempirono di nuovo di buchi.
Così combinato, con gli abiti consumati e gli stivali pieni di buchi, nessuno lo invitava più alle feste, né alle cene, né ai balli, né a teatro e nessuno dei suoi amici veniva più a trovarlo.
“Sa com’è, caro amico, ci sono così tante scale per arrivare in cima da voi.”
Il soldato passava le giornate solo soletto nella sua stanzetta sotto i tetti. Una sera si ritrovò a non avere più neanche una candela da accendere per farsi luce e non avere neppure i soldi per andare a comprarne di nuove. Si ricordò, allora, che nell’acciarino che aveva trovato nell’albero, c’era un mozzicone di candela. Frugò tra le sue cose, trovò il sacchetto di velluto rosso, l’aprì ed estrasse l’acciarino, la pietra e un mozzicone di candela. Batté una volta sull’acciarino per accendere la candela [ttzz!].
Ma appena le scintille sprizzarono dalla pietruzza, la porta si spalancò ed entrò il cane con gli occhi grandi come tazze.
“Buonasera – wof – padrone – wof”
Il soldato rimase di sasso. Un cane che parla?
“Wof – certo – wof – padrone – wof – sono un cane magico. wof – mi hai chiamato battendo l’acciarino ed eccomi qui – wof – cosa comandi, padrone?”
“Ahh, adesso capisco a cosa serviva l’acciarino della strega! – disse il soldato – Dì un po’, quindi basta che io batta sull’acciarino una volta per farti arrivare di filato dovunque io mi trovi?”
“wof – certo padrone – wof. Puoi chiamare anche gli altri se vuoi! wof”
“Interessante… dimmi un po’, cane, potresti portarmi dei soldi?”
“wof – certo – wof – padrone – wof – vado subito”
Il cane uscì di corsa e tornò dopo pochi minuti con in bocca un sacco pieno di monete d’oro.
“wof – fatto, padrone! – wof”
Il cane depose il sacco ai piedi del soldato e corse via. Il soldato era di nuovo ricco! Con i soldi portati dal cane, poté subito ritrasferirsi nella sua bella camera d’albero e comprare dei nuovi vestiti, e dei nuovi stivali, e un nuovo cappello e una nuova spada. Era di nuovo un signore fatto e finito. E subito, gli amici tornarono a invitarlo alle feste, ai balli, ai pranzi, alle cene e a vezzeggiarlo come se niente fosse successo.
Ogni volta che il soldato aveva bisogno di soldi, bastava che battesse sull’acciarino una volta [ttzz!] ed ecco compariva il cane con gli occhi grandi come tazze.
“Portami dei soldi!” ordinava il soldato.
Subito, il cane correva via e tornava dopo pochi minuti con in bocca un sacco pieno di monete d’oro.
Se invece il soldato batteva due volte sull’acciarino [tzz,tzz] era il cane con gli occhi grandi come ruote a comparire. E se batteva tre volte sull’acciarino [tzz,tzz, tzz] arrivava di corsa il cane con gli occhi grandi come torri.
Per la verità, il soldato chiamava più che altro il cane con gli occhi grandi come tazze, perché gli altri due gli mettevano un pochino paura.
Il tempo passava e il soldato continuava a fare la bella vita: andava a teatro, andava ai concerti, ai balli, alle cene, sempre circondato di amici. Ma, anche se i suoi amici si comportavano come se niente fosse successo, il soldato non era più lo stesso di prima. Aveva capito che tutte le persone che lo circondavano, gli stavano vicino solo per via dei suoi soldi e che da un momento all’altro, se la magia fosse finita, avrebbe potuto trovarsi di nuovo solo. A poco a poco, il soldato divenne molto malinconico.
Una sera, mentre stava nella sua camera a guardare fuori dalla finestra, vide in lontananza un bagliore.
Era la luna piena che si rifletteva sui tetti e sulle torri di un grande palazzo di rame: il palazzo dove era rinchiusa la principessa.
“Anche lei deve sentirsi molto sola là dentro – pensò il soldato – Però… forse avrei io il modo per farla uscire!”
Prese l’acciarino, batté una volta [tzz] e subito comparve il cane con gli occhi grandi come tazze.
“wof – buonasera – wof – padrone – wof – cosa comandi – wof”
“Vorrei vedere la principessa – disse il soldato – anche per un momento solo… so che è nascosta in un palazzo i rame, ma…”
“ wof – va bene – wof – padrone – wof vado – wof – e torno – wof”
Il cane corse via come un fulmine e dopo pochi minuti, eccolo di ritorno. Sulla sua groppa c’era la principessa. Era bellissima. Lunghi capelli neri, occhi verde smeraldo, ma occhi tristi, molto tristi. Il soldato rimase incantato a guardarla. Anche la principessa lo guardò… e vedendo quel soldato che la fissava a bocca aperta con l’acciarino in mano, la principessa rise. Il soldato fece per dire qualcosa, ma aveva chiesto di vedere la principessa per un momento solo. Per cui, il cane:
“wof – fatto, padrone! – wof”
e corse via, con ancora la principessa sulla groppa. Il soldato rimase solo nella sua camera, con l’acciarino in mano e la bocca aperta.
La mattina dopo, a colazione, la principessa raccontò al re suo padre e alla regina sua madre di aver fatto uno stranissimo sogno.
“Ho sognato che un cane entrava nella mia stanza, mi prendeva sulla sua groppa e mi portava nella camera di un soldato. Non ho fatto neppure in tempo a chiedere dove mi trovavo, che il cane mi ha subito riportata indietro e mi sono svegliata nel mio letto.”
Il re e la regina si guardarono, preoccupatissimi.
“Sarà stato senz’altro un sogno mia cara – disse la regina – non mi sembra una cosa di cui preoccuparsi.”
Ma non appena la principessa fu uscita dalla stanza, il re e la regina si consultarono, preoccupatissimi!
“Un soldato mio caro, sai che la profezia parlava proprio di un soldato” diceva la regina.
“Ne sono ben consapevole mia cara – disse il re – farò così: metterò una dama di corte a guardia della principessa. Starà con lei giorno e notte e se questo cane si ripresenterà, stai tranquilla che scopriremo dove la porta.”
Così fu fatto: quella sera, la principessa andò a dormire nella sua camera, mentre una dama d’onore vegliava accanto al suo letto.
Quella sera stessa, il soldato batté di nuovo l’acciarino [ttzz]. Subito comparve il cane con gli occhi grandi come tazze.
“wof – buonasera – wof – padrone – wof – cosa comandi? – wof”
“Voglio rivedere la principessa – disse il soldato – e questa volta, voglio anche poterci parlare.”
“wof – subito – wof – padrone – wof.”
Il cane corse via, arrivò al palazzo della principessa, entrò nella sua camera, la prese in groppa e via come il lampo. Ma la dama di corte aveva visto tutto. Si infilò svelta svelta un paio di scarpe comode e via di corsa dietro al cane! Il cane attraversò tutta la città con la principessa in groppa, e la dama di corte dietro! Il cane arrivò davanti alla porta dell’albergo del soldato ed entrò. La dama di corte si fermò davanti alla porta.
“Così, è qui che quel cane porta la principessa.”
Prese dalla tasca un pezzo di gesso e fece una grande x sopra la porta.
“Così, domani, potrò mostrarla al re”
Poi, se ne tornò al castello.
Frattanto il cane aveva salito le scale ed era entrato nella camera del soldato. Il soldato vedendo la principessa rimase di nuovo con la bocca aperta. Di nuovo, la principessa rise. Il soldato si riscosse:
“Buonasera principessa… io sono un umile soldato, ma desideravo tanto conoscervi e ho chiesto al mio cane di portarvi qui, solo per potervi parlare…”
La principessa sorrise:
“Vi ringrazio… non ero mai uscita dal palazzo.”
Il soldato stava per aggiungere qualche altra cosa, ma aveva solo chiesto di poter parlare alla principessa, non di farci una lunga conversazione. Per cui, il cane:
“wof – fatto, padrone! – wof”
e corse via, con ancora la principessa sulla groppa.
Il soldato rimase di nuovo solo nella sua camera, con l’acciarino in mano e la bocca aperta.
Il cane scese le scale, fece per uscire dall’albergo… ma vide una grande x sopra la porta e si fermò di botto.
“rrrr wof! Qui qualcuno vuole incastrare il mio padrone – wof – farò delle x sopra tutte le altre porte, così nessuno potrà riconoscere quella del mio padrone – wof”
Il cane riportò di corsa la principessa al suo palazzo, si procurò un pezzo di gesso e tenendo il gesso fra i denti fece delle grandi x sopra tutte le porte della città.
La mattina dopo, la dama d’onore accompagnò il re, la regina e tutta la guardia reale fino a una porta segnata con una grande x.
“Ecco, mio signore, è questa la porta del soldato”
“Ma non è possibile! – esclamò il re – qui c’è un’altra porta segnata con una x”
“Caro, no ti sbagli anche tu! – disse la regina – Qui c’è un’altra porta con una x!”
“Ehm, sire – fece il capitano delle guardie – Qui veramente c’è un’altra x.”
Tutte le porte della città erano segnate con una x.
La povera dama d’onore non era più in grado di riconoscere quale fosse la porta del soldato. Così il re, la regina e tutta la guardia reale se ne tornarono al castello. Ma la regina era una donna intelligente:
“Adesso, ci penso io.”
Prese un paio di forbici, ago, filo e un pezzo di stoffa. Cucì un grazioso sacchettino, lo riempì di farina finissima e ci fece un buco. Poi attaccò il sacchetto alla camicia da notte della principessa, in modo che non si vedesse.
“Quando mia figlia uscirà, la farina si spargerà sulla strada. Così domani mattina scopriremo in quale porta è entrata.”
Quella notte, il soldato di nuovo batté l’acciarino [tzz] e di nuovo chiese al cane di poter vedere la principessa.
“E questa volta, vorrei poterci parlare anche per tutta la notte!”
“wof – certo, padrone – wof”
Il cane di nuovo corse al palazzo, prese la principessa sulla groppa e la portò nella camera del soldato.
La farina si sparse lungo tutta la strada, dal palazzo fino alla porta del soldato… e il cane non si accorse di nulla.
Il soldato e la principessa parlarono, parlarono, parlarono, parlarono e parlarono fin quasi all’alba. Quando il sole stava per spuntare, i due si salutarono e il cane riportò la principessa al suo palazzo. Ma anche questa volta, non si accorse della farina che si era sparsa su tutto il percorso.
Il mattino dopo, il re, la regina e tutta la guardia reale seguirono la traccia di farina fino alla porta del soldato.
“Prendetelo! – disse il re – è lui che ogni notte rapisce la principessa! Domani sarà impiccato!”
Le guardie presero il soldato, lo trascinarono via e lo rinchiusero nella cella più buia della prigione reale. Rimasto solo, il soldato mise la mano in tasca per prendere l’acciarino… ma non lo trovò! L’acciarino era rimasto in albergo! Quella notte, il soldato non chiuse occhio.
La mattina dopo una gran folla si dirigeva verso la piazza dove avrebbero impiccato il soldato. Il soldato guardava la folla passare dalla finestrella della sua cella, aggrappato alle sbarre.
“Psst! Psst! Ehi! Soldato!”
Il soldato guardò giù e vide un ragazzo fermo sotto la sua finestra.
“Soldato! Mi manda la principessa. Non vuole che tu sia impiccato, chiede se può fare qualcosa per aiutarti.”
La principessa!
“Mio buon amico! Corri subito al mio albergo, troverai un acciarino dentro un sacchetto di velluto rosso. Prendilo e portamelo subito qui!”
Il ragazzo corse via, facendosi largo tra la folla a gomitate. Passarono cinque minuti, dieci minuti, venti minuti, mezz’ora. Il soldato sentì dei passi sulle scale… Le guardie del re che venivano a prenderlo per impiccarlo!
“Psst! Psst” Ehi, soldato!”
Sotto la finestra della cella c’era il ragazzo, con in mano l’acciarino!
“Che tu sia benedetto ragazzo, mi hai salvato la vita!”
Il soldato tese la mano fuori dalle sbarre, prese l’acciarino, lo mise in tasca… BAM! La porta della cella si spalancò ed entrarono le guardie del re.
“È ora di dondolare soldato!”
Presero il soldato, gli legarono i polsi, lo trascinarono fuori dalla cella, fino al patibolo in mezzo alla piazza. Attorno a lui, la folla che gridava, lo insultava, fischiava… In fondo alla piazza, un palco con il re e la regina.
“Ultimo desiderio?” disse il re dal suo palco.
“Vorrei tanto fare un’ultima fumatina con la mia pipa!”
“Concesso” disse il re.
Le guardie slegarono i polsi al soldato. Il soldato mise le mani in tasca, prese la pipa…
prese l’acciarino e batté una volta! [tzz] Due volte! [tzz, tzz], Tre volte! [tzz, tzz, tzz]
Subito, attorno a lui comparvero i tre enormi cani, che si lanciarono abbaiando sul boia e sulle guardie.
I cani liberarono il soldato, fecero a pezzi il patibolo e si lanciarono verso il palco con il re e la regina. Il re prese per mano la regina e iniziò a correre! I cani, dietro!
“Soldato! Fermate queste bestie! È un ordine!” gridava il re.
“Solo se prima mi darete salva la vita e libererete la principessa dal suo palazzo di rame.”
“Va bene, soldato! Va bene! Va bene! Ma fermate queste bestie!”
“Ho la vostra parola?”
“Sì, sì, ma fermate queste bestie!”
Il soldato fece un fischio. Subito, i cani smisero di inseguire il re e tornarono verso di lui scodinzolando. Il re mandò una carrozza a prendere la principessa. Quando la principessa arrivò e vide il soldato ancora vivo, gli si buttò tra le braccia.
“Con il vostro permesso, maestà – disse il soldato – vorrei chiedere la mano di vostra figlia.”
“Giammai! – fece il re.
I tre cani scoprirono i denti: “grrr”
“E va bene, va bene… Concesso.”
Così, il soldato e la principessa divennero re e regina.
I tre cani divennero “gran custodi ufficiali del regno”: portavano un collarino d’oro e ogni giorno gli venivano serviti, in ciotole d’argento, i bocconi più prelibati.