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Esopo e la palla

Perché il vecchio Esopo gioca a palla nella piazza del mercato?

Esopo è un grande scrittore di favole, un maestro, una persona serissima! Ma come dice il drago Scott: anche le persone serie hanno bisogno di divertirsi!

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Esopo e la palla

Antica Grecia, tanto, ma tanto tempo fa. Ad Atene, vive un uomo che si chiama Esopo. Esopo è molto anziano, con una lunga barba grigia. Esopo è anche molto saggio, uno scrittore, un maestro, una persona serissima:

«Nella vita bisogna sempre comportarsi bene, studiare molto e fare sempre i compiti!»

«Bravo, maestro!»

Tutti gli ateniesi pensano che Esopo sia una persona molto saggia e molte persone, ogni giorno, vanno da lui per imparare. 

Un giorno, un discepolo di Esopo (che vuol dire una persona che segue sempre tutte le lezioni di Esopo) passeggia nella piazza del mercato di Atene. La piazza è piena di bancarelle con frutta, fiori, profumi…

«Pallaaaa!!!!»

Il discepolo di Esopo si scansa appena in tempo: una grossa palla gli sfiora l’orecchio, atterra nella piazza e rotola via. 

Dietro la palla, una frotta di ragazzini sporchi, sudati, arruffati, pieni di fango: «Pallaaa!!!!»

In mezzo ai ragazzini, sudato, sporco, arruffato, pieno di fango: «Pallaaaa!!!!» Il vecchio e saggio Esopo.

Il discepolo di Esopo rimane di sasso. La palla, i ragazzini e Esopo corrono via in mezzo alla piazza.

Il discepolo di Esopo li segue di corsa: «Maestro! Maestro!»

Il vecchio Esopo si ferma di botto: «Mmmm? Chi mi chiama?»

Il discepolo lo raggiunge di corsa: «Maestro! Maestro! Ma è impazzito?»

«Impazzito? E perché?»

«Ma, ma sta giocando a palla! Una persona seria come lei…» 

«Figliolo –  Esopo allunga un braccio e prende un arco da una bancarella – vedi questo arco? È un pezzo di legno con attaccata una corda.

Se lascio la corda sempre tesa, il legno – crack! – si spezza e ti saluto, arco.

Allo stesso modo, non si può mica essere saggi e seri tutto il tempo! Bisogna uscire all’aria aperta, muoversi, correre, divertirsi! Non si può lavorare ventiquattr’ore al giorno! Il cervello ha bisogno di rilassarsi, di divertirsi… se no, ti saluto cervello!»

Dal fondo della piazza, uno dei ragazzini: «Esopo, palla!!» 

Esopo rimette a posto l’arco: «Adesso scusami figliolo, devo proprio andare. Pallaaa!!» 

Esopo corre via dietro alla palla.

Il discepolo di Esopo… «Maestro… Aspetti… Pallaaaa!»

Il discepolo corre via, dietro alla palla.

Anche l’anima ha bisogno di giocare.

Fedro

☞ Questa storia è ispirata a una favola di Fedro.

Nota: questi non sono i testi originali delle storie, ma le versioni raccontate da Silvia nel podcast. Puoi condividerle, ma non copiarle e devi sempre citare la fonte e il sito. Il modo più semplice? Condividi il link della pagina!

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Il cane e l’agnello

Cosa ci fa un agnellino nel gregge delle capre?

Dove sarà la sua mamma? Silvia racconta al drago Scott una tenera favola che parla d’affetto, con protagonisti un agnellino, un cane e una capra dal cuore grande.

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Il cane e l’agnello

C’era una volta, un cane da pastore che in un grande prato faceva la guardia a due greggi: uno di capre e uno di pecore.

Le due greggi erano ben distinte: le capre brucavano l’erba in cima a una collina; le pecore ai piedi della collina, vicino a un ruscello.

Il cane correva avanti e indietro tra le due greggi, controllando che tutte le capre e tutte le pecore si comportassero bene e soprattutto che non si mescolassero tra di loro.

A un tratto, il cane vide un agnellino in mezzo alle capre.

Subito gli corse incontro:

«Uof! Cosa ci fai tu in mezzo alle capre? Tu sei una piccola pecora, la tua mamma non la trovi in mezzo alle capre: torna subito nel tuo gregge!»

Il cane si mise a spingere l’agnellino col muso, fuori dal gregge di capre e verso il gregge di pecore.

L’agnellino si dibatteva furiosamente:

«Bee! Lasciami! Bee! Non c’è la mia mamma là! Bee! Mamma! Mamma!»

A quel grido, una capra uscì correndo dal gregge di capre:

«Bee! piccolo, dove sei?»

«Mamma! Mamma!»

L’agnellino si divincolò dal cane, corse verso la capra e si nascose in mezzo alle sue zampe.

«Uof! Questa poi è bella – fece il cane – ehi tu, capra! Cosa succede qui? Quello è un piccolo di pecora! Perché ti chiama mamma?»

«Bee, vai a giocare piccolo, bee» disse la capra.

L’agnellino strofinò il muso sul pelo della capra e corse via saltellando.

La capra si rivolse al cane:

«Bee… Mi chiama mamma perché questo è il mio piccolo: l’ho trovato che stava tutto solo e nessuna delle pecore lo voleva. Bee. Allora l’ho preso con me e l’ho cresciuto insieme ai miei capretti.»

«Uof… hai fatto bene… – disse il cane – però una pecora dovrebbe stare in mezzo alle pecore.»

«E perché? Con me è felice, io gli dò il latte e non gli manca niente. Bee»

Il cane guardò l’agnellino: saltellava felice in mezzo alle capre.

Poi l’agnellino corse verso la capra, strofinò il muso sul suo pelo, guardò il cane:

«Bee! Hai capito che questa è la mia mamma?»

«Uof! Sì piccolo, l’ho capito. Resta pure con lei.»

Il cane si allontanò, mentre l’agnellino tornava a giocare contento, vicino alla sua mamma.

L’amore vince tutto.

Virgilio

☞ Questa storia è ispirata a una favola di Fedro.

Nota: questi non sono i testi originali delle storie, ma le versioni raccontate da Silvia nel podcast. Puoi condividerle, ma non copiarle e devi sempre citare la fonte e il sito. Il modo più semplice? Condividi il link della pagina!

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La volpe e la cicogna

La volpe è l’animale più furbo del bosco…

… ma la cicogna è più furba di lei! Questa divertente favola di La Fontaine ci ricorda di non fare dispetti, perché: chi la fa, l’aspetti!

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La volpe e la cicogna

La volpe è l’animale più furbo di tutto il bosco. Tutti lo sanno. Tutti gli animali, almeno una volta, sono stati presi in giro dalla volpe. Tutti hanno una gran paura di lei e dei suoi tranelli. 

Quando la volpe passa, tutti gli animali le fanno largo: «Buongiorno Madama Volpe! Che bel pelo Madama Volpe!»

Tutti, tranne la cicogna.

 La cicogna è furba (quasi) quanto la volpe: sta sempre in guardia e nessuno è mai riuscito a imbrogliarla… neanche la volpe!

La volpe non è mai riuscita a farle neanche uno scherzetto piccolo piccolo. Le ha provate tutte! Il sale al posto dello zucchero, il pepe al posto del caffè… niente! La volpe ne ha fatto una malattia: deve assolutamente riuscire a fare uno scherzo alla cicogna. Pensa che ti ripensa, alla volpe viene un’idea. Scrive un bel bigliettino:

“Carissima cicogna, vorresti venire a pranzo da me domani? Firmato: la volpe”.

La volpe spedisce il bigliettino alla cicogna. La cicogna riceve il bigliettino, lo legge: «Un invito a pranzo a casa della volpe! Sicuramente vuole giocarmi qualche brutto tiro.  Però in fondo è un invito a pranzo… cosa potrebbe succedere di male? Accetterò».

 Il giorno dopo, la cicogna si mette il suo cappellino più bello, con un gran nastro e va a casa della volpe. La volpe ha preparato tutto con cura: la tavola sotto il pergolato, con una bella tovaglia rosa, i piatti, i bicchieri, il cestino del pane, un bel cestino di fiori… e dalla cucina arriva un profumo delizioso!

 La volpe dà il benvenuto alla cicogna, la fa accomodare a tavola:

«Cara, mettiti comoda, vado a prendere il pranzo».

E la volpe scompare dentro la cucina. La cicogna ha già l’acquolina in bocca!

La volpe torna dalla cucina portando una grande pentola fumante: «Cara, ho preparato la mia specialità: brodo!»

La volpe prende un mestolo e serve una cucchiaiata di brodo nel piatto della cicogna. La cicogna guarda il suo piatto… un piatto piattissimo! Con appena un ditino di brodo in fondo.

La cicogna appoggia la punta del suo lungo becco nel piatto e cerca di bere il brodo, ma… il piatto è troppo piatto e non riesce a tirar su neanche una goccia di brodo!

La volpe invece, prende il piatto con due zampe e lap lap! con due lappate spazzola via tutto il brodo. «Mmmm, delizioso!» 

La cicogna cerca disperatamente di bere il brodo, ma è tutto inutile: non riesce a magiare neanche una goccia!

«Non ti piace, cara?» chiede la volpe, ridendo sotto i baffi.

«Cara… purtroppo non ho molta fame.» 

«Non preoccuparti carissima, mangio io la tua parte!» 

La volpe prende il piatto della cicogna e lap! lap! in due lappate si pappa tutto il brodo.

La cicogna… che rabbia! E che fame! La volpe è riuscita a imbrogliarla! La cicogna torna a casa tutta avvilita e arrabbiata. Quella volpe! Deve assolutamente riuscire a fargliela pagare! Pensa e ripensa, alla cicogna viene un’idea. Scrive un bel bigliettino alla volpe:

“Carissima volpe, vorresti venire domani a pranzo da me? Firmato: la cicogna”.

E spedisce il bigliettino alla volpe. La volpe riceve il bigliettino, lo legge… e se la ride sotto i baffi: «Quella cicogna! Ha capito che sono troppo furba per lei! Accetto senz’altro l’invito.»

Il giorno dopo, la volpe si mette il suo più bel cappellino e va a casa della cicogna.

Anche la cicogna ha preparato tutto con cura: la tavola sotto il pergolato, con una bella tovaglia azzurra, un bel cestino di fiori, il cestino del pane… e dalla cucina arriva un profumo delizioso!

La cicogna dà il benvenuto alla volpe, la fa accomodare a tavola. «Carissima, mettiti comoda, vado subito a prendere il pranzo». La cicogna scompare dentro la cucina. La volpe ha già l’acquolina in bocca!

La cicogna torna dalla cucina portando due grandi vasi con un collo strettissimo e una pancia in fondo: «Carissima, ecco qui la mia specialità: sono dei bocconcini ripieni… in vasi panciuti!».

La volpe guarda il suo vaso: in fondo al vaso ci sono tanti bocconcini, che mandano un profumo squisito! La volpe cerca di infilare il muso dentro lo strettissimo collo del vaso… ma il suo muso è troppo largo! Non riesce ad arrivare in fondo al vaso e non riesce a magiare nessun bocconcino!

La cicogna invece infila il suo lunghissimo becco dentro lo stretto collo del vaso e con la punta del becco – gnam gnam gnam – in un batter d’occhio si mangia tutti i bocconcini. La volpe tenta disperatamente di infilare il muso nel vaso… ma non c’è niente da fare: il suo muso è troppo largo e non arriva ai bocconcini sul fondo.

«Cara, non ti piace?» chiede la cicogna, che se la ride. 

«Cara, purtroppo non ho molta fame.» 

«Cara, non preoccuparti: mangio io la tua parte!» 

La cicogna prende il vaso della volpe, infila il becco nel vaso e – gnam gnam gnam – in un batter d’occhio si pappa tutti i bocconcini!

La volpe… che rabbia! Che fame! E che vergogna! La cicogna è riuscita a imbrogliarla! La volpe torna a casa rossa per la vergogna: ancora più rossa del suo pelo rosso.

Dice il proverbio: chi la fa, l’aspetti!

La Fontaine

☞ Questa storia è ispirata a una favola di Jean De La Fontaine.

Nota: questi non sono i testi originali delle storie, ma le versioni raccontate da Silvia nel podcast. Puoi condividerle, ma non copiarle e devi sempre citare la fonte e il sito. Il modo più semplice? Condividi il link della pagina!

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La colomba e la formica

Una formichina cade in un ruscello, chi l’aiuterà?

Silvia racconta al drago Scott la storia di una colomba e di una formica: perché se si è gentili l’uno con l’altro, poi possono nascere delle bellissime amicizie!

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La colomba e la formica

C’era una volta una formica, che in una bella giornata di sole portava delle briciole nella sua tana. A un tratto, vide passare nel cielo una colomba, tutta bianca, con le ali spiegate!

«Oh, com’è bella – pensò la formichina – e come vola bene! Oh, quanto piacerebbe anche a me, volare così alto nel cielo. Chissà quante belle cose si devono vedere da lassù!»

La formichina era così assorta a guardare la colomba nel cielo, che non guardava neppure dove metteva i piedi. E un passo, due passi e pluf! Si ritrovò in un ruscello!

«Aiuto! – gridò la formichina, che non sapeva nuotare – aiuto!»

La formichina si dibatteva, ma la corrente del ruscello la trascinava via, sempre più lontano e sempre più giù. La colomba dall’alto sentì il grido della formichina, la vide in mezzo al ruscello e subito si buttò giù, in picchiata. Prese un ramoscello dalla riva e lo calò fino alla formichina. Battendo le ali, si tenne sospesa sull’acqua, in modo che la formichina potesse aggrapparsi forte forte al ramoscello che la colomba le porgeva. Poi, la colomba si alzò in volo, trasportando con sé la formichina: fuori dal ruscello e al sicuro e all’asciutto sulla riva del fiume.

La povera formichina era tutta bagnata e sputacchiava acqua da tutte le parti. Quando la colomba vide che si era un po’ ripresa, chinò il capino per salutarla e riprese il suo volo.

La formichina si scrollava l’acqua di dosso, tutta intirizzita.

«Oh povera me che figura! Ho rischiato anche di affogare… non riuscirò mai a ripagare la colomba per quello che ha fatto per me».

Dopo essersi un po’ riposata e un po’ scaldata al sole, la formichina riprese il suo lavoro: cercava le briciole e le trasportava nella sua tana. A un tratto, vide la colomba, che si era posata  sul ramo di un albero lì vicino. Appena la vide, le corse incontro per salutarla, ma quando giunse vicino all’albero… “Oh!” Vicino all’albero c’era un grosso gatto, che stava appostato proprio sotto il ramo dove si era posata la colomba. E la guardava… la guardava come si guarda un piatto di spaghetti quando si ha fame! E si leccava i baffi! La formichina rimase impietrita dalla paura:

«Quel brutto gatto vuole sicuramente mangiarsi la colomba! Cosa posso fare, cosa posso fare!?»

La formichina si sentiva troppo piccola per affrontare da sola quel brutto gatto, ma quando vide che il gatto stava proprio per balzare addosso alla colomba e papparsela in un boccone… corse verso il gatto, si arrampicò sulla sua schiena e sgnac! Gli morse la coda.

«Mieeow!» Il gatto fece un balzo alto due metri, ripiombò a terra e fuggì via come una furia.

La colomba, sentendo tutto quel trambusto, si era alzata in volo spaventatissima! Ma quando vide che il gatto scappava, ritornò pian piano verso terra e si posò vicino alla formichina.

«Sei stata tu a salvarmi da quel brutto gatto?» chiese la colomba.

«Sì… Sono stata io… Ho visto che stava per saltarti addosso e mangiarti e gli ho morso la coda» rispose la formichina.

«Ti ringrazio. Che cosa posso fare per sdebitarmi?»

«Ma, veramente… tu prima mi hai salvata dal ruscello e quindi… era il minimo che potessi fare.»

«Allora vuol dire che siamo pari.»

La colomba sorrise alla formichina e poi disse:

«Però, forse c’è qualcosa che posso fare per te: ti andrebbe di fare un volo con me e vedere il mondo dall’alto?»

«Oh, sì! mi piacerebbe proprio tanto tanto!»

«Allora andiamo, sali sulla mia groppa e io ti porterò in volo.»

«Che bello!»

La formichina salì subito sulla groppa della colomba, che aprì le ali e si alzò in volo. La formichina dovette aggrapparsi forte forte alle penne della colomba: com’era grande il mondo visto da lassù! La formichina era senza parole. 

«Se ti piace così tanto volare – disse la colomba – potremmo fare un patto: io verrò da te ogni giorno e ti farò fare un voletto.»

«Sì, mi piacerebbe tanto!»

«Mi piace avere compagnia quando volo – disse la colomba – Sono sicura che diventeremo grandi amiche».

E così fu. Da quel giorno, la colomba passava sempre a casa della formichina: mangiavano assieme e poi la colomba portava la formica a fare un voletto. Le due divennero inseparabili.

La favola mostra che bisogna ricambiare i benefattori.

Esopo

☞ Questa storia è ispirata a una favola di La Fontaine (originale di Esopo).

Nota: questi non sono i testi originali delle storie, ma le versioni raccontate da Silvia nel podcast. Puoi condividerle, ma non copiarle e devi sempre citare la fonte e il sito. Il modo più semplice? Condividi il link della pagina!

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